(Dino Felisati)
Io ho avuto la fortuna di avvicinarla e conoscerla attorno al 1970 perché la mia vita mi aveva portato a risiedere prima a Venezia, poi a Milano e subito si è stabilita una intesa perfetta, basata su una stima profonda e sulla comunione di interessi culturali. Ne è nata una amicizia intensa. Giovanna amava il suo paese con lo stesso trasporto con cui io amavo e amo il mio e lo ha cantato in mille modi, parlando del Po, delle alluvioni, dei suoi abitanti, della Casa Rosa dov’era nata e vissuta, fino a quando aveva sposato il dott. Ettore Modenesi, altra carissima persona che già avevo conosciuto a Padova, all’Università – lui di qualche anno più anziano - dove studiavamo Medicina. Ettore fu medico condotto a Scardovari per una vita; Giovanna fu insegnante elementare prima a Panarella, poi a Papozze, a Pettorazza, a Scardovari e, infine, a Rovigo.
La sua produzione poetica è enorme: oltre 400 composizioni che trattano una infinità di temi: la scuola, i figli, l’amore, la maternità, la bellezza del creato, Dio… E sempre parla di sentimenti, di pulizia interiore, di forza d’animo e spesso si chiede: perché? Perché il fine – e non solo per il poeta - è la ricerca della verità. Per la sua opera poetica ha avuto numerosissimi riconoscimenti, premi letterari, giudizi estremamente positivi espressi da Autori del calibro di Diego Valeri, Manara-Valgimigli, Biagio Marin, per non citare gli altri meno noti, ma altrettanto autorevoli
Personalmente le mie preferenze sono per le poesie che Giovanna ha scritto in dialetto papozzano, ma è una questione di feeling. Però io trovo che quando si esprime nel suo dialetto, andando alla ricerca di termini che hanno assonanze antiche, usando metafore oggi desuete, sa ricavare dai versi significati originali e una musicalità che ci appartiene perché è parte di quella dolce malinconia che condividiamo con la nostra terra.